Startup e investimenti sono due parole spesso associate tra loro, a volte si tende persino ad associare il successo di un progetto al numero di round completati o al totale degli investimenti raccolti.
La realtà è ben più articolata, gli investimenti sono veri e propri contratti che generano impatti per tutto il percorso di vita di una startup. Ci sono diversi pro e contro per ogni investimento e, a volte, un investimento può rappresentare persino un “pericolo” per il corretto sviluppo di un progetto.
Questo articolo ha l’obiettivo di chiarire quando è effettivamente necessario raccogliere investimenti in equity e aiutare gli imprenditori a prendere scelte consapevoli in ambito fundraising.
In breve una startup dovrebbe raccogliere capitali per:
1. Scalare un servizio che è stato validato dal mercato e per il quale si è individuato il giusto business model;
2. Sviluppare tecnologie complesse che generano vantaggi competitivi.
Vediamo nel dettaglio tutti i casi in cui le startup dovrebbero valutare una raccolta di investimenti:
Gli MVP dovrebbero essere sviluppati con il minimo dispendio di risorse economiche, sfruttando al massimo le competenze del team; quindi possibilmente senza investimenti esterni.
Tuttavia in alcuni casi gli MVP possono essere particolarmente costosi (in caso di hardware o software complessi) e quindi potrebbe essere necessario fare ricorso ad investitori terzi. In questa fase si consigliano di ottenere investimenti sotto forma di convertendo/SAFE (senza cedere equity immediatamente).
Per go-to-market intendiamo la fase in cui la startup, dopo aver validato l’idea su una nicchia di mercato, intende aggredire un bacino più ampio di potenziali clienti. Gli investimenti sono solitamente indirizzati verso il marketing, inserimento di personale, sviluppo di un funnel di acquisizione.
Questo è il momento ideale per raccogliere il primo investimento (seed).
Per growth stage si intende la fase in cui la startup ha validato le vendite su un mercato abbastanza ampio e ha strutturato un funnel di acquisizione clienti funzionante. Il prossimo step è scalare il sales funnel e raggiungere sempre più clienti. Il round in questa fase corrisponde solitamente al Series A.
Per product diversification si intende il momento in cui una startup decide di aggiungere nuovi prodotti/servizi che richiedono investimenti inziali per essere realizzati e introdotti sul mercato.
Il nome del processo fa intuire il costo economico che ne consegue. Solitamente le risorse generate da una startup non sono sufficienti per espandere il business anche in altri paesi, pertanto bisogna ricorrere a nuovi investimenti.
Molte startup hanno margini di profitto bassi, ma grande potenziale di scalabilità. Startup con queste caratteristiche necessitano di acquisire quote di mercato molto grandi prima di raggiungere il breakeven.
L’obiettivo in questi casi è quello di ottenere quote di mercato importanti e costruire una leadership che durerà negli anni, anche a costo di rimanere in perdita per diverso tempo e raccogliere molti investimenti per sanare le perdite.
Un esempio di startup di questa tipologia sono quelle dei settori delivery (Just Eat, Glovo) e shared mobility (es. Uber, Lift).
Le casistiche sopra elencate rappresentano i momenti principali in cui una startup dovrebbe far ricorso al mercato di capitali di rischio. A volte può essere però difficile valutare oggettivamente in quale fase si trova il progetto, pertanto è sempre utile confrontarsi con i propri mentor e advisors per valutare nuovi aumenti di capitale.
Quando invece una startup non dovrebbe raccogliere capitali? Nei prossimi giorni pubblicheremo un nuovo articolo con i casi in cui una startup non dovrebbe mai raccogliere capitali.